martedì 15 novembre 2022

Carenza personale, ospedali in servizio H24 con medici di altre strutture. I sindacati dicono basta

 


Dr. Lorenzo Preziuso

Manca personale? Niente paura, il servizio H24 in ospedale si sostiene con l'apporto di medici giunti da altri presidi. Un reparto garantito da prestazioni "mordi e fuggi"! Sulla carta può sembrare un'idea vincente. Il cittadino è contento, il reparto c'è. Ma a quale prezzo? I sindacati medici dell'Usl Nord Ovest Toscana hanno deciso di sollevare il velo su questi problemi dopo che l'utilizzo di personale a copertura di turni, provenienti da ospedali diversi, è diventata la regola che dura da anni. «La carenza di personale medico che si protrae già dal 2018, non ha mai visto una soluzione strutturale e l'organizzazione del servizio in diverse unità operative è stata portata avanti con soluzioni tappabuchi», dice Lorenzo Preziuso presidente Cimo Fesmed in Toscana. Per quanto riguarda l'Usl Nord Ovest, Preziuso cita il caso dell'Unità di Terapia Intensiva Cardiologica dell'Ospedale di Castelnuovo Garfagnana, dove l'unico medico rimasto in organico, è il primario. Per coprire servizi di guardia di 24 ore e per l'assistenza in reparto, si ricorre a cardiologi provenienti da altri ospedali, che vi effettuano turni occasionali. «In questo modo non è possibile assicurare un'adeguata continuità assistenziale e si rischiano gravi ripercussioni sulla qualità delle cure. Purtroppo, parliamo della punta di un iceberg che riguarda anche altri ospedali, spesso piccoli e periferici: una situazione drammatica dovuta al mancato turnover che non copre pensionamenti, rinnovi di contratti a termine e le ormai frequenti fughe verso realtà meglio organizzate e più sicure».

«Siamo medici e facciamo del nostro meglio per assicurare una adeguata assistenza. Ci prestiamo a coprire i turni per non sguarnire nosocomi e pronto soccorso», continua Preziuso. «Ma a tutto c'è un limite. Ormai da anni tutto si basa sul sacrificio dei professionisti, che devono rinunciare alle ferie e ai previsti riposi per coprire le sempre maggiori carenze di personale. Molte volte si superano, per questo, i limiti previsti dalla normativa europea sull'orario del lavoro, senza considerare che spostare personale per prestare servizio in altro ospedale significa sguarnire quello di provenienza. Le direzioni devono prenderne atto. Se in un reparto l'organico è insufficiente a coprire il servizio, e non si può garantire un'assistenza adeguata con personale stanziale, vanno trovate soluzioni alternative. L'interlocuzione con la Regione per cambiare le cose c'è; stiamo lavorando per cercare soluzioni efficaci e condivise». Il problema non è solo della regione Toscana. I continui tagli alla sanità, ormai da decenni, hanno ridotto le risorse e con questo è a rischio la qualità dell'assistenza. Purtroppo, si prevede che nei prossimi tre anni le risorse sanitarie scenderanno ad una percentuale di Pil inferiore ai livelli pre-Covid. Cimo Fesmed nazionale ha scritto una lettera al governo e agli italiani, in cui si avvisa che "presto non ci saranno più medici per curarvi. Se potete permettervi un'assicurazione sanitaria iniziate ad informarvi su come acquistarla". Il timore è che di qui al 2026, anno in cui la spesa sanitaria sarà scesa sulla soglia del 6% del Pil, sarà "pressoché impossibile far funzionare gli ospedali e mantenere un livello di assistenza di qualità della sanità pubblica". I medici del sindacato presieduto da Guido Quici, al quale aderiscono le sigle Anpo-Ascoti, Cimo, Cimop e Fesmed, chiedono più fondi per la sanità nella prossima Legge di Bilancio per impedire lo smantellamento degli ospedali e della medicina del territorio.

venerdì 28 ottobre 2022

«Necessario riformare l’ospedale»

Anaao-Assomed, Cimo-Fesmed e Aaroi-Emac al Governo: «Necessario riformare l'ospedale»

I sindacati accendono i riflettori sulla "questione ospedaliera" e invitano il nuovo Governo a disegnare una nuova filiera della salute che parta dai bisogni del paziente e dalle esigenze del personale sanitario


Roma, 27 ottobre 2022 – Tra i principali dossier che il nuovo Ministro della Salute Orazio Schillaci ha trovato sul tavolo c'è senza dubbio la riforma della sanità territoriale, già impostata nel DM 77. Una riforma apprezzabile sotto molti punti di vista ma incompleta e, soprattutto, sottofinanziata, considerando che per essere attuata oltre ai fondi del PNRR necessita di un adeguamento importante del Fondo sanitario nazionale ad oggi non previsto. Una riforma, inoltre, che appare del tutto sganciata dall'organizzazione degli ospedali, e che, dunque, non supera quell'impostazione a silos del Servizio sanitario nazionale che in questi ultimi anni ha mostrato tutti i suoi limiti. Una riforma, quindi, che non sembra essere in grado di risolvere il cronico, ed ormai insostenibile, riversamento sul sistema ospedaliero dei bisogni di salute che la sanità territoriale non riesce a garantire. Insomma, una montagna che rischia di partorire soltanto qualche topolino.

Sebbene – incredibilmente – non se ne parli, a tutti gli addetti ai lavori risulta lampante la "questione ospedaliera", che deve essere affrontata con almeno pari dignità e importanza di quella territoriale. Anche sulla rete degli ospedali infatti occorre intervenire con urgenza, poiché le logiche del DM 70/2015 che tutt'oggi la governano risultano superate e fallimentari, avendo prodotto, negli anni, razionalizzazioni e ottimizzazioni che altro non sono che tagli tesi a ridurre drasticamente l'offerta sanitaria per i cittadini. Nel 2019 sono stati effettuati 1,36 milioni di ricoveri ordinari in meno rispetto al 2010, un calo non compensato, come si potrebbe immaginare, da un aumento di ricoveri di day hospital e day surgery, poiché anch'essi sono diminuiti di 1,27 milioni. E numeri col segno negativo si riscontrano anche sul territorio, dove le attività di radiologia diagnostica sono diminuite del 30%, l'attività clinica ambulatoriale del 32% e le indagini di laboratorio del 19%. Insomma il dato di cui tutti dovrebbero preoccuparsi è la diminuzione generale delle cure, sul territorio quanto negli ospedali.

Il SSN, per com'è organizzato oggi, non funziona anche a causa di mancate politiche di prevenzione e di mancati piani emergenziali, come dimostrato dalla pandemia Covid. I cittadini iniziano a scegliere di curarsi nel privato, se possono, o di non curarsi: il 54% della popolazione opta oggi per cure out of pocket, mentre secondo l'ISTAT 4 milioni di italiani rinunciano alle cure mediche per motivi economici e circa 2 milioni a causa delle liste di attesa.

Al nuovo Governo si presenta dunque un'occasione imperdibile: rivedere complessivamente l'organizzazione del Servizio sanitario nazionale, partendo dai bisogni del paziente e sostituendo la logica dei silos con una vera filiera della salute.

Nella sanità del futuro che immaginiamo, l'ospedale è il luogo in cui ci si occupa delle acuzie, circondato da strutture di livello territoriale in cui gestire le cronicità, la prevenzione di primo livello, la riabilitazione, l'assistenza domiciliare.

Un ospedale moderno, tecnologicamente avanzato, interconnesso, che superi l'impostazione aziendalistica e la logica degli standard di volumi ed esiti ridotti a mero criterio economicistico di una "produzione" da opificio.

Nella sanità del futuro, la sanità 4.0, immaginiamo che non si ragioni più con una visione aziendalistica che ha prodotto in 10 anni riduzioni importanti di posti letto e di personale, ha precluso ai professionisti ogni forma di carriera, ha incentivato i medici dipendenti ad uscire dal SSN e, alla fine, ha favorito un enorme aumento della spesa pubblica avvenuto anche con la somministrazione di lavoro interinale attraverso l'ingresso di "cooperative" italiane e straniere.

Si tratta di utopie o fantasie irrealizzabili? Ci piace credere di no: l'emergenza Covid-19 ha dimostrato come non ci sia crescita economica senza salute, ma non c'è salute senza un Servizio sanitario pubblico, universalistico, efficiente e organizzato razionalmente.

Una riforma essenziale per il Paese e per la salute di tutta la popolazione. Un grande progetto per il bene comune.

Ci auguriamo dunque che dal nuovo Governo, ed in particolare dal Ministro della Salute, sia accolta al più presto la nostra richiesta di un confronto aperto e collaborativo per potere offrire il nostro contributo


leggi comunicato stampa

mercoledì 13 luglio 2022

Cosa si sta facendo per colmare le carenze di personale sanitario?





Cosa si sta facendo per colmare le carenze di personale sanitario? Come si stanno convincendo medici, infermieri e professionisti sanitari a continuare a lavorare in ospedale? Quanto ancora dovremo aspettare per iniziare le trattative per il rinnovo del contratto di medici e dirigenti sanitari, scaduto nel 2019? In che modo si intendono migliorare le condizioni di lavoro in ospedale, a ridurre le aggressioni e i contenziosi, a sburocratizzare la professione medica? Quale riforma dell'organizzazione ospedaliera si sta immaginando per andare incontro alle grandi sfide che la salute pubblica ci porrà di fronte nel prossimo futuro? Come verranno risolti i problemi dei Pronto soccorso? Come si vogliono ridurre le liste d'attesa, senza chiedere ulteriori sacrifici al personale? Qual è il piano per bloccare l'autonomia differenziata, che metterebbe definitivamente in crisi il diritto universale alla salute?

La sanità è in crisi profonda, e sono troppe le domande che non trovano risposta. Sappiamo bene quanto sia complesso il momento politico, economico e sociale che il Paese sta attraversando, ma nulla può giustificare questo silenzio assordante sulle sorti della sanità pubblica e di chi vi lavora. La stagione degli eroi è da tempo conclusa, ma noi non dimentichiamo gli ultimi due anni e mezzo di lavoro in ospedale, e non siamo più disposti ad aspettare o a rimandare: in vista della legge di Bilancio, chiediamo con forza l'avvio di un confronto serio e serrato tra organizzazioni sindacali di categoria ed Istituzioni che metta sul tavolo tutte le questioni che riguardano la sanità, in particolare quella ospedaliera, ignorata ingiustamente dal processo di riforma finanziato con il PNRR.

In assenza di risposte concrete e rapide, la Federazione CIMO-FESMED non esiterà a dar vita a manifestazioni di protesta in tutti gli ospedali d'Italia con azioni che saranno al vaglio del prossimo direttivo federale.

Sanità in crisi profonda, CIMO-FESMED: «Proteste in tutta Italia se non si avvia un confronto tra sindacati e Istituzioni»

 Sanità in crisi profonda, CIMO-FESMED: «Proteste in tutta Italia se non si avvia un confronto tra sindacati e Istituzioni»
Il sindacato dei medici: «La stagione degli eroi è da tempo conclusa, ma noi non dimentichiamo gli ultimi due anni e mezzo di lavoro in ospedale, e non siamo più disposti ad aspettare o a rimandare»
Roma, 13 luglio 2022 - Cosa si sta facendo per colmare le carenze di personale sanitario? Come si stanno convincendo medici, infermieri e professionisti sanitari a continuare a lavorare in ospedale? Quanto ancora dovremo aspettare per iniziare le trattative per il rinnovo del contratto di medici e dirigenti sanitari, scaduto nel 2019? In che modo si intendono migliorare le condizioni di lavoro in ospedale, a ridurre le aggressioni e i contenziosi, a sburocratizzare la professione medica? Quale riforma dell'organizzazione ospedaliera si sta immaginando per andare incontro alle grandi sfide che la salute pubblica ci porrà di fronte nel prossimo futuro? Come verranno risolti i problemi dei Pronto soccorso? Come si vogliono ridurre le liste d'attesa, senza chiedere ulteriori sacrifici al personale? Qual è il piano per bloccare l'autonomia differenziata, che metterebbe definitivamente in crisi il diritto universale alla salute?
La sanità è in crisi profonda, e sono troppe le domande che non trovano risposta. Sappiamo bene quanto sia complesso il momento politico, economico e sociale che il Paese sta attraversando, ma nulla può giustificare questo silenzio assordante sulle sorti della sanità pubblica e di chi vi lavora. La stagione degli eroi è da tempo conclusa, ma noi non dimentichiamo gli ultimi due anni e mezzo di lavoro in ospedale, e non siamo più disposti ad aspettare o a rimandare: in vista della legge di Bilancio, chiediamo con forza l'avvio di un confronto serio e serrato tra organizzazioni sindacali di categoria ed Istituzioni che metta sul tavolo tutte le questioni che riguardano la sanità, in particolare quella ospedaliera, ignorata ingiustamente dal processo di riforma finanziato con il PNRR.
In assenza di risposte concrete e rapide, la Federazione CIMO-FESMED non esiterà a dar vita a manifestazioni di protesta in tutti gli ospedali d'Italia con azioni che saranno al vaglio del prossimo direttivo federale.

lunedì 27 giugno 2022

il Consiglio di Stato “boccia” l’Unità di degenza infermieristica

 

La sentenza è stata depositata venerdì: «Il personale medico non può operare "a distanza"». Cimo e Aaroi: «Provvedimento che farà giurisprudenza»

26 GIUGNO 2022

 «Siamo di fronte a una sentenza destinata a fare giurisprudenza e che rende giustizia, dopo sette anni, a un atto precipitoso e sconclusionato dell'Azienda ospedaliera di Perugia». Così il segretario regionale di Cimo Umbria, Marco Coccetta, e Cristina Cenci, presidente della Federazione Cimo-Fesmed dell'Umbria, commentano la sentenza del Consiglio di Stato con la quale, venerdì, confermando quanto deciso dal Tar dell'Umbria nel 2016 sono state bocciate le Udi, le Unità di degenza infermieristica. «È una sentenza storica – aggiungono – perché è stato definitivamente ripristinato, a livello nazionale, che spetta al medico la gestione del percorso clinico e terapeutico del paziente, nel rispetto del ruolo e delle funzioni del personale infermieristico».

Il caso La vicenda prende spunto da un provvedimento emesso dalla giunta regionale nel 2015 con il quale, di fatto, si legittima l'istituzione all'ospedale di Perugia di un'Unità di degenza ospedaliera con 12 posti letto. Una decisione criticata all'epoca dai sindacati dato che non appariva chiara la gestione del paziente, e dopo la quale è stato deciso di presentare un ricorso. «La precedente direzione aziendale – scrivono Cimo e Aaroi – aveva con arroganza portato avanti un'iniziativa che la categoria medica aveva fortemente criticato e sulla quale era intervenuta successivamente la Regione a dare il proprio placet; al di fuori però di quanto previsto da norme giuridiche nazionali e dalle stesse leggi regionali».

Cos'è l'Udi L'Udi si occupa essenzialmente della gestione dei pazienti, provenienti da altri reparti, nella fase post-acuta e che quindi presentano un quadro clinico stabile e un piano terapeutico definito. Il tutto con gli obiettivi di garantire un'adeguata qualità- dell'assistenza alla persone, favorire il recupero in vista del rientro a casa o in una struttura residenziale e ottimizzare l'utilizzo dei posti letto nei reparti per acuti.

Confusione Cimo e Aaroi all'epoca avevano parlato della confusione di ruoli e responsabilità tra medici e infermieri. Secondo il Consiglio di Stato, che ritiene i sindacati legittimati a ricorrere a tutela di un interesse pubblico, «il personale medico non può operare "a distanza", in quanto altrimenti ciò dovrebbe determinare una traslazione delle responsabilità, non consentita dall'ordinamento». «La gestione infermieristica – ricordano i due sindacati – ha una sua assoluta peculiarità che non può però prescindere dal percorso di diagnosi e cura che spetta esclusivamente al medico. Questa sentenza che fa giurisprudenza, permetterà in tutto il nostro paese di evitare situazioni simili che possono arrecare grave rischio alla salute del cittadino».

Un lungo percorso «Giunge finalmente al termine – commenta Alvaro Chianella, segretario regionale Aaroi – un lungo percorso volto a ristabilire la correttezza dei rapporti tra le varie professionalità presenti nel Servizio sanitario nazionale. Un sistema funziona se tutti svolgono il loro ruolo senza sconfinamenti. La sentenza del Consiglio di Stato conferma la specificità del ruolo medico e la non sostituibilità con altre figure. Questo era il principio in base al quale abbiamo iniziato questa azione legale e il vederlo riconosciuto non può che renderci soddisfatti e fiduciosi».



--


Federazione Regionale Toscana

Viale dei Cadorna 21 -  50129 FIRENZE

Tel. 055.472800 Cell. 371.4588446 Fax. 055.486848

e-mail: info@cimotoscana.it 

PEC: cimoasmd.toscana@pec.it

Dopo anni di attesa, sembrerebbe finalmente sbloccata la partita delle risorse per i medici che si occupano delle certificazioni INAIL

CIMO Medici

Dopo anni di attesa, sembrerebbe finalmente sbloccata la partita delle risorse per i medici che si occupano delle certificazioni INAIL per infortuni sul lavoro e malattie professionali. Parliamo, per il triennio 2019-2021, di circa 75 milioni di euro già versati alle Regioni che adesso potranno arrivare ai medici, grazie all'intesa della Conferenza Stato-Regioni dello scorso 25 maggio relativa alla suddivisione delle risorse tra medici dipendenti (cui spetta circa il 75% della quota) e medici di medicina generale.

I 55 milioni di euro circa proveniente dall'INAIL e destinati ai medici che lavorano in Pronto soccorso e che si sono occupati delle certificazioni, tuttavia, non finiranno direttamente nella busta paga di chi ne ha diritto. «Speriamo che non occorra attendere altri tre anni per concludere l'iter - commenta GuidoQuici, Presidente del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED (cui aderiscono ANPO-ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED) -. I segretari aziendali CIMO-FESMED vigileranno con attenzione affinché le risorse vengano rapidamente trasferite dalle Regioni alle Aziende e, quindi, ai colleghi che dal 2019 al 2021 hanno redatto certificati INAIL senza percepire alcun compenso. Si tratta di un riconoscimento dovuto ai colleghi di Pronto soccorso, costretti a turni massacranti e a lavorare in condizioni drammatiche a causa della carenza di medici».


--


Federazione Regionale Toscana

Viale dei Cadorna 21 -  50129 FIRENZE

Tel. 055.472800 Cell. 371.4588446 Fax. 055.486848

e-mail: info@cimotoscana.it 

PEC: cimoasmd.toscana@pec.it

martedì 21 giugno 2022

I: SANITA': 'FUGA DAGLI OSPEDALI', SONDAGGIO CIMO, '70% DEI MEDICI TOSCANI PRONTO A LASCIARE «Situazione drammatica, i pochi medici rimasti sono stremati. Basta soluzioni tappabuchi alla carenza di personale o gli ospedali saranno costretti alla chiusura»





Dr. L Preziuso  CIMO_FESMED


(Adnkronos) - Firenze 21 giugno 2022: Solo il 30% dei medici ospedalieri toscani, potendo scegliere, continuerebbe a lavorare in un ospedale pubblico. Il 28% fuggirebbe all'estero, il 21% sogna la pensione, l'11% preferirebbe lavorare in una struttura privata ed il 10% sta ponderando la possibilità di dedicarsi alla libera professione. Addirittura il 24% appenderebbe il camice al chiodo e sceglierebbe un'altra professione. È quanto emerge dal sondaggio condotto dal sindacato di categoria Federazione Cimo-Fesmed, a cui hanno aderito 236 medici di tutta la Toscana. «Sono numeri drammatici, ma che non ci stupiscono - commenta il neo-eletto presidente regionale della Federazione Lorenzo Preziuso -. Negli ultimi mesi hanno presentato le dimissioni decine di colleghi, stanchi di un lavoro estenuante che li espone ad aggressioni e contenziosi, che rende impossibile andare in ferie e usufruire dei congedi. I medici sono, sin da prima della pandemia, troppo pochi, costretti a lavorare in condizioni sempre peggiori, talvolta senza nemmeno rispettare la normativa sul riposo. Pronto soccorso e reparti sono ormai gironi infernali, da cui si esce solo dimettendosi o cambiando lavoro. Ma più colleghi se ne vanno, peggiore è la situazione per chi rimane a lavorare, incentivando da una parte dimissioni di massa e rendendo dall'altra ancora più complicato convincere i giovani ad entrare nel Servizio sanitario pubblico: non stupiamoci se molti concorsi vanno deserti o se i medici scelgono di lavorare negli ospedali dove le condizioni di lavoro sono meno gravose». «La situazione peggiore è nei Pronto soccorso e nel 118, dove gli organici sono dimezzati e non si riesce a coprire i turni - prosegue Preziuso -. Decine di postazioni medicalizzate di 118, a causa della carenza di medici, sono state sostituite da ambulanze infermieristiche senza tenere in considerazione le necessità assistenziali del territorio dove, come se non bastasse, sono state chiuse anche diverse postazioni di guardia medica. Ancora una volta si adatta il livello dell'assistenza alla disponibilità delle risorse e non il contrario, come sarebbe logico»







giovedì 9 giugno 2022

l Presidente del sindacato dei medici CIMO-FESMED: «Si dica onestamente ai cittadini che la tutela della loro salute e la sicurezza delle cure non interessano più a nessuno»



«Ma cosa studiamo a fare per 11 anni, noi medici, se poi ai non specialisti delle cooperative è consentito lavorare in ospedale e adesso agli infermieri lombardi è addirittura concesso di essere i supplenti dei medici di medicina generale? Ma cosa li teniamo a fare corsi di laurea di 6 anni e scuole di specializzazione di 4-5 anni se quello che vi impariamo non è ritenuto necessario per il nostro lavoro? Se la risposta alla carenza dei medici è assumere chiunque possa fare compagnia al paziente, senza considerare la sua formazione, trasformiamo il corso di laurea in Medicina in un corso triennale e aboliamo le specializzazioni. Risolveremmo i problemi di organico in un batter d'occhio. Tanto evidentemente la sicurezza delle cure e la tutela della salute dei cittadini non interessano più a nessuno». La provocazione è di Guido Quici, Presidente del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED (cui aderiscono ANPO-ASCOTI, CIMO, CIMOP e FESMED), che non nasconde lo stupore e l'incredulità dinanzi alle dichiarazioni di ieri della vicepresidente e assessore al welfare della Lombardia Letizia Moratti sulle «sperimentazioni in corso presso alcune Asst» che riguardano «una supplenza degli infermieri sui medici di medicina generale».
«L'assessore Moratti – prosegue Quici - si è forse dimenticata che diagnosi e prescrizione delle terapie spettano al medico? Cosa dovrebbero fare gli infermieri-supplenti? E pensa davvero che ci siano infermieri disposti a rinunciare al loro ruolo fondamentale di assistenza al paziente per caricarsi di responsabilità cui non sono preparati? Sarebbe pronta a farsi visitare e curare da chi non ha le competenze adeguate, e spiegare ai cittadini che chiunque è meglio di nessuno? E di raccontare onestamente che la situazione in cui oggi si trova la Lombardia è frutto di anni di errata programmazione, e non di chissà quale disastro imprevedibile?».  
«Sulla salute delle persone non si scherza, e non si possono accettare questi giochi di pura demagogia. La Federazione CIMO-FESMED continuerà a difendere il ruolo dei medici da ogni attacco di questo tipo e in ogni ambito, anche se il disegno globale appare sempre più chiaro – conclude Quici -: abbassare sfacciatamente il livello della sanità pubblica per arrivare alla sua privatizzazione. Ma noi non siamo disposti a rimanere inermi a guardare».

Roma, 9 giugno 2022 -