martedì 30 aprile 2024

LISTE D ATTESA

"L'imminente decreto sulle liste di attesa, annunciato dal Ministro della Salute Orazio Schillaci, offre l'opportunità di esprimere il nostro punto di vista su una questione particolarmente sentita sia dai cittadini che dagli operatori sanitari. 
 Affrontare, in sanità, la questione tempi di attesa è un po' come approcciare un paziente con una patologia multiorgano che necessita di terapie specifiche, ma che invece viene curato con placebo. Le cause le conosciamo tutti: la ridotta offerta sanitaria, la carenza di risorse umane, l'inappropriatezza delle prestazioni, l'approccio demagogico verso la libera professione del medico". A dichiararlo è Guido Quici, presidente del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED. "Intanto in Italia – prosegue Quici – oggi ci sono oltre 2,12 milioni di famiglie che vivono in assoluta povertà, circa 6 milioni di famiglie che si trovano in una condizione di povertà sanitaria e 25,2 milioni di famiglie italiane che mediamente spendono poco meno di 1.500 euro l'anno per curarsi, con una spesa per out of pocket aumentata di 10 mld (oggi circa 40 mld) tra il 2019 e il 2022. 
Il tutto in un contesto, più ampio, che vede gli attuali LEA del tutto insufficienti con una sanità integrativa che diventa sempre di più sostitutiva. Quindi occorre una terapia molto più articolata che aggredisca contemporaneamente più cause". "Innanzitutto, dopo decenni di tagli a strutture e risorse umane, occorre rilanciare l'offerta sanitaria per iniziare a soddisfare i bisogni di salute espressi ed inespressi.
 Ha ragione FIASO – afferma il presidente CIMO-FESMED - quando afferma che il 30% delle richieste sono inappropriate, ma quante altre prestazioni sono inaccessibili ai cittadini per effetto della chiusura degli ambulatori o per il non ottimale utilizzo delle sale operatorie per carenza di medici? Esiste sempre uno stretto rapporto tra offerta sanitaria ed organizzazione legata alle risorse che le aziende sono in grado di mettere a disposizione. In secondo luogo, occorre adeguare gli organici abolendo il tetto di spesa sul personale ma a condizione che l'algoritmo elaborato da AGENAS non sia peggiorativo rispetto alle reali esigenze, e su questo aspetto nutriamo forti dubbi sulla metodica adottata. 
Naturalmente il tema dell'appropriatezza delle prestazioni è stato sollevato anche dal Ministro Schillaci. Come Sindacato riteniamo che buona parte delle prestazioni inappropriate sono legate alla medicina difensiva, il cui costo e stimabile nella misura di circa 10 miliardi/anno e, per questo motivo, la terapia da adottare consiste in una seria riforma sulla responsabilità professionale, riforma che non sembra, allo stato, foriera di buoni esiti, almeno dalle dichiarazioni del vice Ministro Sisto e dalle indiscrezioni che trapelano dai lavori della Commissione Nordio". "Infine – prosegue Quici - la questione libera professione. Tanta demagogia solo per mascherare la ridotta offerta sanitaria. Sono sufficienti alcuni esempi: nel triennio 2019-21, si registrano oltre 1,3 milioni di prestazioni istituzionali in meno (-2,2%), circa 0,5 milioni di prestazioni libero-professionali in meno (-11,2%) con un rapporto, su 1000 abitanti, di 81 prestazioni ALPI su 999 prestazioni istituzionali (7,7%). Quindi, al di là di poche branche specialistiche, la libera professione non influenza affatto i lunghi tempi di attesa, anzi rappresenta un valore aggiunto che contribuisce a ridurli e, in più, genera introiti all'azienda.
 Eppure, sempre più spesso, si preclude al medico di un proprio diritto, quando non si è in grado di garantire l'accesso alle cure, mentre sarebbe auspicabile liberarlo da questi vincoli". "Intanto, sempre in tema di riduzione dei tempi di attesa, poche aziende applicano il D.Lgs. 124 del 29.4.98 per assicurare la prestazione previo pagamento del ticket, c'è poca trasparenza sul reale utilizzo di risorse aggiuntive stanziate nelle finanziarie a favore di regioni e strutture private e permane il tetto di spesa del 2021 per le prestazioni richieste ai sensi dell'art. 89 comma 4 del CCNL 19-21. 
In attesa di conoscere il testo del decreto riteniamo invalicabili due principi: nessun ulteriore divieto ad esercitare la libera professione, istituto diverso dalle prestazioni aggiuntive e, soprattutto, riaffermare il carattere di eccezionalità e temporaneità delle stesse prestazioni aggiuntive finalizzate a ridurre i tempi di attesa. 
Di certo le seconde non devono mai impedire il diritto ad esercitare l'unica residua attività professionale che sancisce il diritto di scelta del cittadino verso lo specialista di fiducia e che induce molti medici a non lasciare ancora il SSN pubblico" ha concluso Guido Quici.


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lunedì 8 aprile 2024

CORAGGIO E VOLONTA



"Occorrono coraggio e volontà. Le dichiarazioni del Ministro della salute Schillaci sono convincenti ed è proprio per questo motivo che riteniamo che occorrono coraggio e volontà nel fermare quel trend involutivo legato, come più volte richiamato dallo stesso Ministro, ad una lunga stagione di tagli. Abbiamo da tempo denunciato le riduzioni indiscriminate degli ultimi 10 anni sul personale sanitario, sui posti letto, sugli ambulatori e le risorse impegnate dall'attuale Governo sono certamente importanti ma non saranno mai sufficienti se non si interviene in modo strutturale sul nostro SSN. Non è solo una questione di finanziamento o di rapporto spesa/PIL, ma di corretto utilizzo delle risorse". "La questione medici gettonisti ne è un esempio. Ha avuto coraggio il Ministro Schillaci a richiedere l'intervento dei NAS, ma prendiamo atto del mancato supporto del MEF che avrebbe potuto, in via temporanea, spostare risorse dalla voce beni e servizi alla voce costo del personale per incentivare le assunzioni invece di consentire spese milionarie a favore del lavoro interinale e di quelle cooperative che si erano ben organizzate da tempo. Naturalmente tutto è legato all'attuale blocco del tetto di spesa. Il ministro ha assunto da tempo l'impegno a voler eliminare una "vergogna nazionale" che dura da 20 anni, ma non ci convincono le elaborazioni di AGENAS rispetto alla definizione dell'orario di lavoro secondo contratto; né ci convince la metodologia concordata con il MEF che si basa su quei dati consolidati che rispecchiano la recente stagione dei tagli senza avere alcuna visione futura. Sulla questione abbiamo il sospetto che la buona volontà dimostrata dal Ministro possa essere smentita da atti documentali che vadano nella direzione opposta con il rischio di far rimpiangere l'attuale blocco del tetto di spesa. Come non concordare sul mancato utilizzo di risorse stanziate in questi anni per ridurre i tempi di attesa, o sul blocco delle agende, o sulle "furberie" regionali nella gestione dei relativi finanziamenti. Noi, aggiungiamo, il rapporto tra finanziamenti al privato, per ridurre i tempi di attesa, e reale appropriatezza delle prestazioni". "Come federazione CIMO-FESMED riteniamo che occorre recuperare la dispersione di queste risorse per valorizzazione l'indennità di specificità, strumento, questo, che può calmierare la fuga dei professionisti dagli ospedali. Di certo l'indennità non può essere correlata al già avvenuto finanziamento del contratto 2022-24. Infine, concordiamo sull'eccesso di domanda anche se sono ancora molti i bisogni espressi ed inespressi. Soprattutto concordiamo sul fenomeno della inappropriatezza delle prestazioni spesso legato alla medicina difensiva. Siamo, tuttavia, fortemente preoccupati dell'intervento di altri "attori" che hanno creato e creeranno non pochi ostacoli alla definitiva risoluzione della cosiddetta colpa grave. Non abbiamo alcuna aspettativa sui risultati dei lavori della Commissione Nordio, conosciamo la visione del suo Dicastero ed è per questo motivo che le Federazioni professionali, le Organizzazioni Sindacali e le Società Scientifiche devono programmare azioni comuni di sostegno ad una seria riforma. Al Ministro Schillaci non manca né il coraggio, né la volontà ma ci sono troppi stakeholders che navigano contro la sanità pubblica ed i suoi professionisti". 

 Guido Quici presidente Federazione CIMO-FESMED e Vice Presidente CIDA



giovedì 4 aprile 2024

Sanità, Cimo-Fesmed: Urgente raccogliere appello del Nobel Parisi Il presidente Quici: "Volontà e coraggio per superare crisi servizio sanitario nazionale"



Roma, 4 aprile 2024 - "L'appello lanciato in questi giorni da 14 scienziati guidati dal premio Nobel Giorgio Parisi, sulla grave crisi del nostro servizio sanitario nazionale, non può passare inosservato perché non si tratta del solito documento redatto da una forza politica o da un'associazione o da una istituzione, ma da professionisti riconosciuti a livello internazionale che conoscono perfettamente le dinamiche che hanno portato alla grave crisi del nostra sanità". A dichiararlo è Guido Quici, Presidente del sindacato dei medici Federazione CIMO-FESMED e Vice Presidente CIDA. "In aggiunta, il recente rapporto della Corte dei conti dimostra, non solo la ridotta spesa sanitaria rispetto agli altri Paesi della UE, ma evidenzia la maggiore crescita della spesa privata e le gravi difficoltà nel recupero delle liste di attesa. Una miscellanea che richiede interventi strutturali urgenti che non possono risolversi in azioni spot, molto spesso demagogiche e prive di una visione, ma interventi finalizzati ad assicurare il diritto alla salute di tutti i cittadini italiani. In sintesi, occorre uscire dalle ambiguità e dichiarare se si intende ancora investire in sanità oppure no; se la sanità pubblica dovrà essere necessariamente ridimensionata oppure no; se la sanità privata avrà più risorse oppure no; se le stesse saranno utilizzate per sostenere anche i costi sociali, oppure continuerà nella selezione delle prestazioni da DRG più convenienti; se la sanità integrativa sarà tale o se la stessa è sostitutiva dei LEA come avviene oggi. Il tutto nell'ambito di una riforma, quella dell'autonomia differenziata, che anche attraverso i LEP creerà meno equità e più diseguaglianze" prosegue Quici, che conclude: "Naturalmente occorre dichiarare ufficialmente se si intende rilanciare l'offerta sanitaria oppure no, attraverso la riapertura dei posti letto e degli ambulatori chiusi in questi anni per consentire finalmente quella prevenzione secondaria e terziaria che soddisfi i bisogni di salute espressi e inespressi riducendo, di fatto, le cronicità e migliorando l'aspettativa di vita degli italiani. Quindi riapriamo i reparti e gli ambulatori delle aziende ospedaliere e magari chiudiamo quelle strutture ospedaliere inefficienti e poco sicure mantenute in vita da alcuni sindaci. E, ancora, stimoliamo il ritorno dei professionisti sanitari nelle strutture pubbliche attraverso concrete azioni di reclutamento ad iniziare dallo sblocco del tetto di spesa sul personale. Riconosciamo ai professionisti della salute il proprio ruolo, la propria autonomia professionale, il proprio valore anche economico. Basta con le ambiguità, occorrono azioni serie, strutturali e durature, azioni che se ben definite ed attuate avranno un costo certamente inferiore in termini di esiti di salute con importanti ricadute sul PIL nazionale. È solo una questione di volontà e di coraggio".


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