lunedì 23 marzo 2020

Coronavirus. Cimo-Fesmed al Governo: “Moratoria su responsabilità civile e penale di medici e sanitari”

 
Il sindacato rinnova la sua richiesta: "I rischi che, oggi, corrono i medici e gli infermieri sono elevatissimi e, come ben evidenziato da Federsanità, le implicazioni anche di carattere assicurativo rappresentano una vera "spada di Damocle" sulla testa di chi opera in condizioni di grave disagio ma tutela con grande professionalità l'enorme impatto di questa terribile pandemia".

"Condividiamo l'iniziativa di Federsanità indirizzata al Ministro della Salute Speranza, che si unisce alla proposta dei giorni scorsi di CIMO-FESMED in tema di moratoria sulla responsabilità civile e penale dei medici e dei sanitari in questa emergenza". È quanto scrive il sindacato in una nota.
 
"Al Ministro e alle Camere – si legge - era stata infatti inviata, oltre ad una proposta di emendamento al DL "Cura Italia" per la tutela dei medici, la richiesta di modifica all'art. 2236 del codice civile attraverso l'aggiunta di un secondo comma:
2. Si presumono rese nei termini di cui al comma 1 le prestazioni sanitarie fornite dagli esercenti le professioni sanitarie di cui alla legge n. 24 del 8 marzo 2017 in vigenza delle disposizioni normative dettate per il contenimento della epidemia da coronavirus.
 
Tale formulazione è finalizzata ad esentare da responsabilità, tranne i casi di dolo e colpa grave, tutte le prestazioni rese dagli esercenti le professioni sanitarie in costanza della legislazione eccezionale legata alla epidemia in corso".
 
"I rischi che – prosegue la nota - , oggi, corrono i medici e gli infermieri sono elevatissimi e, come ben evidenziato da Federsanità, le implicazioni anche di carattere assicurativo rappresentano una vera "spada di Damocle" sulla testa di chi opera in condizioni di grave disagio ma tutela con grande professionalità l'enorme impatto di questa terribile pandemia".
 
"Siamo sicuri – conclude il sindacato - che il Ministro Speranza sarà dalla nostra parte e che ci sia una netta condivisione anche da parte delle Commissioni Parlamentari. Sarebbe, questo, un vero segnale di sostengo a chi è impegnato in prima linea con altissimi rischi".

giovedì 19 marzo 2020

DIFFIDA DELL'INTERSINDACALE MEDICI

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Alle Direzioni Generali

Aziende e Enti del SSN

 

Roma 18 marzo 2020

Prot. n. 60/2020/SnRm

 

OGGETTO: Mancanza di DPI per il personale sanitario operante in condizioni di emergenza epidemiologica da COVID-19. Diffida

 

Le scriventi Organizzazioni Sindacali, in persona dei rispettivi Segretari Nazionali e rappresentanti legali pro tempore, avendo ricevuto numerose segnalazioni dei propri iscritti in merito alle pericolose condizioni lavorative che stanno vivendo durante l'attuale emergenza epidemica da Coronavirus, rappresentano quanto segue.

 

PREMESSO che

- in data 30 gennaio 2020, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l'epidemia da COVID-19 un'emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale;

- con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 è stato dichiarato, per sei mesi, lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili;

- in conseguenza dell'evolversi della situazione epidemiologica con drammatico incremento di casi su tutto il territorio nazionale, il personale sanitario lavora incessantemente per far fronte all'emergenza, venendo quotidianamente in contatto con pazienti infetti e potenzialmente infetti;

- in tale contingenza è però assolutamente necessario che sia data puntuale esecuzione alla normativa in materia di sicurezza sul lavoro, non solo al fine di tutelare il diritto alla salute di quanti operano presso le strutture sanitarie, ma altresì per evitare che proprio i luoghi adibiti alla cura si trasformino in un potente strumento di diffusione del virus;

- al proposito, si ricorda che le previsioni normative di cui al Titolo X – Esposizione ad agenti biologici – del d.lgs 81/2008 e s.m.i. delineano precisi obblighi in capo al datore di lavoro in riferimento alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori che comprendono misure tecniche, organizzative, procedurali, igieniche, di emergenza, di informazione e formazione, di sorveglianza sanitaria; tali misure vanno adottate con riferimento alla valutazione dei rischi. Quest'ultima deve necessariamente tenere conto (art. 271, c. 1, d.lgs. 81/2008) "delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente che possono influire sul rischio", come è l'attuale situazione di emergenza epidemica da SARS-CoV-2;

- pertanto, le già previste misure di tutela per il rischio da agenti biologici vanno integrate oggi dalle indicazioni individuate ad hoc dagli organismi di riferimento a livello nazionale e internazionale;

- i lavoratori sono tenuti al rispetto di tutte le misure di prevenzione individuate, in aderenza agli obblighi di cui all'art. 20 del d.lgs. 81/2008 e s.m.i. e al c. 1 dell'art. 20 del citato decreto, secondo cui "ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti su luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni…". Tali disposizioni applicate al contesto del settore sanitario evocano la riflessione sulla stretta relazione tra la tutela della salute e sicurezza sul lavoro e la gestione del rischio clinico, ancora più pregnante e critica in situazioni di gestione di epidemie;

- in caso di epidemia dichiarata dalle autorità sanitarie internazionali (Organizzazione Mondiale della Sanità OMS) e del Paese (Ministero della Salute, Regione competente) il datore di lavoro deve aggiornare il documento di valutazione dei rischi, individuare misure di prevenzione e protezione, istruire, informare i lavoratori, il tutto in stretta collaborazione con il medico competente;

- il lavoro comportante un contatto continuativo col pubblico, o con colleghi, tra i quali è probabile la presenza di soggetti contagiosi, espone il singolo dipendente ad un rischio biologico che attiene alla posizione di garanzia del datore di lavoro ex art. 2087 c.c. e D.lgs. n. 81/2008 (articoli 271 e 272);

 

CONSIDERATO che

- il rischio da Coronavirus (Sars-CoV-2), per i lavoratori esposti a possibile contagio nel luogo di lavoro, ha natura di rischio professionale e, come tale, deve essere oggetto della valutazione dei rischi datoriale, nonché di conseguente individuazione di istruzioni finalizzate alla prevenzione e protezione, e di DPI necessari ed adeguati;

- l'inosservanza di tale obbligo assume rilevanza penale, coma affermato più volte dalla giurisprudenza di legittimità (v. fra le tante, Cassazione Penale, Sez. 3, 27 luglio 2017, n. 37412);

- con la Circolare n. 0005443 del 20.02.2020, il Ministero della Salute ha dettato misure specifiche ed ulteriori rispetto a quelle già esistenti in materia di utilizzo dei DPI per il personale sanitario e di precauzioni standard di "biosicurezza". In particolare, la circolare in parola prevede espressamente che "il personale sanitario in contatto con un caso sospetto o confermato di COVID-19 deve indossare DPI adeguati, consistenti in filtranti respiratori FFP2 (utilizzare sempre FFP3 per le procedure che generano aerosol), protezione facciale, camice impermeabile a maniche lunghe, guanti". Tra le varie dettagliate indicazioni della citata circolare, che investono il tema del trattamento dei pazienti sia nelle fasi precedenti che successive la ospedalizzazione dei pazienti infetti, molte riguardano proprio le precauzioni ed i DPI da adottarsi per la tutela dei sanitari e dei pazienti;

- a tal riguardo, la citata circolare ministeriale dispone espressamente che "le strutture sanitarie sono tenute al rispetto rigoroso e sistematico delle precauzioni standard oltre a quelle previste per via aerea, da droplets e da contatto […].";

- il Rapporto ISS COVID-19 n. 2/2020 (aggiornamento del 14 marzo 2020) è intervenuto annoverando per quanto riguarda l'uso dei "DPI raccomandati per la prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 per contesto lavorativo e destinatari dell'indicazione" (Tabella 1) da parte degli Operatori sanitari, per le "Procedure che generano aerosol" sia le mascherine di tipo FFP2 sia quelle di tipo FFP3, peraltro  senza specificarne le differenze nell'uso, del che si rimarca la confusione generata al riguardo, evidentemente non essendo tali mascherine equivalenti sotto il profilo dell'efficacia;

 

RILEVATO che

- nonostante le richiamate prescrizioni e obblighi di legge introdotti dall'inizio dell'emergenza sanitaria, nelle aziende sanitarie italiane continuano a scarseggiare le specifiche mascherine con i filtranti respiratori e le protezioni per gli occhi, necessari a garantire l'incolumità del personale sanitario;

- nello specifico, ci sono state segnalate gravi carenze di mascherine di tipo FFP2 e FFP3, in particolare per medici e personale sanitario che devono eseguire procedure invasive o che generano aerosol;

- la stessa OMS prevede d'altronde che le mascherine di tipo FFP2 e FFP3 debbano essere obbligatoriamente utilizzate per tutte le procedure che generano aerosol, non essendo sufficienti, a tal fine, le sole mascherine chirurgiche le quali non forniscono la migliore protezione possibile per contenere il rischio di contagio;

- a peggiorare il già critico quadro, si aggiunge il fatto che, considerata la scarsità di tamponi naso-faringei, non è possibile testare il personale sanitario entrato a contatto con il virus, con la conseguenza che quanti hanno effettivamente contratto il virus, non adeguatamente equipaggiati, continuano a lavorare da infetti, con conseguente, esponenziale aumento del rischio clinico per gli stessi e per i pazienti con cui entrano in contatto, ad onta della necessità di eseguire tamponi con ricerca diretta virale a tutti gli operatori sanitari ed ai soggetti con manifestazioni febbrili;

* * *

Tanto premesso, considerato e rilevato, le scriventi OO.SS.

 

DIFFIDANO

le Aziende Sanitarie destinatarie della presente, a rispettare le disposizioni di cui al D.lgs. n. 81/2008 e all'art. 2087 c.c. in materia di tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, mettendo a disposizione di tutti gli operatori sanitari in servizio nelle proprie strutture, i necessari DPI per garantire la loro l'incolumità, con avviso che in difetto saranno intraprese le opportune iniziative legali a tutela dei propri iscritti, ivi incluse le dovute segnalazioni all'Autorità giudiziaria e ai competenti servizi ispettivi del lavoro.

 

Carlo Palermo ANAAO ASSOMED

Guido Quici CIMO-FESMED

Alessandro Vergallo AAROI-EMAC

Mauro Mazzoni FASSID (AIPAC-AUPI-SIMET-SINAFO-SNR)

Andrea Filippi FP CGIL MEDICI E DIRIGENTI SSN

Aldo Grasselli FVM Federazione Veterinari e Medici

Roberto Bonfili COORDINAMENTO NAZIONALE DELLE AREE CONTRATTUALI MEDICA, VETERINARIA E SANITARIA UIL FPL

Biagio Papotto CISL MEDICI

Raffaele Perrone Donnorso ANPO ASCOTI FIALS MEDICI

martedì 17 marzo 2020

AI SANITARI ENORMI DOVERI E MENO DIRITTI? EMENDAMENTI CIMO-FESMED CONTRO ESCLUSIONE DA QUARANTENE E TUTELE PER I RISCHI SUL LAVORO

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Roma, 16 marzo 2020 

Che i medici abbiano tanti, troppi doveri in più in questo momento, è evidente per tutti; ma che debbano avere meno diritti degli altri cittadini, è scandaloso. Per questo CIMO-FESMED ha appena inviato proposte di emendamento alla norma che dal 9 marzo (DL n.14/2020) esclude dalla quarantena i sanitari esposti a pazienti Covid-19 con obbligo di continuità di lavoro anche se potenzialmente infetti e sospensione solo per casi sintomatici e positivi. Il tutto, in una situazione drammatica sul fronte della carenza di dispositivi di protezione individuale e i rischi che si accumulano per gli operatori sanitari con i ritardi nel processare i tamponi.

 

La Federazione CIMO-FESMED ha chiesto dunque di abrogare l'art.7 del Decreto-Legge n.14 del 9 marzo 2020 e propone al Parlamento di elidere la previsione che dichiara non applicabile la misura della quarantena con sorveglianza attiva agli operatori sanitari e di ricorrere alle disposizioni dettate dal medico competente, il contributo del quale è fondamentale per consentire l'adozione delle misure che ritiene più adeguate alla singola situazione, rendendole così vincolanti per il datore di lavoro. Altra richiesta avanzata dalla Federazione è la modifica dell'art.2236 del Codice Civile, modifica finalizzata ad esentare da responsabilità, tranne i casi di dolo e colpa grave, tutte le prestazioni rese dagli esercenti le professioni sanitarie in questa fase emergenziale regolata da legislazione eccezionale legata all'epidemia in corso.

 

Le proposte di emendamento, firmate dal presidente della Federazione Guido Quici, sono state inviate al Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, Stefano Collina, e al Presidente Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, Marialucia Lorefice. 

 

Guido QUICI
Presidente Cimo-Fesmed




INTERSINDACALE MEDICA, VETERINARIA E SANITARIA DELLA TOSCANA

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ANAAO ASSOMED – CIMO – AAROI EMAC – FASSID – FESMED –
CGIL FP MEDICI – CISL MEDICI – FVM – ANPO ASCOTI FIALS – UIL FPL MEDICI

Lettera aperta al Presidente della Regione Dr. Enrico Rossi
A rischio la tenuta degli ospedali Toscani.

In attesa del picco epidemico i sindacati dei medici, veterinari e dirigenti sanitari chiedono provvedimenti immediati a tutela della salute degli ospedali e degli operatori, finalizzati al contenimento dell'epidemia.
Di fronte all'attesa del picco massimo di trasmissione dell'infezione da COVID 19 le Segreterie Regionali dell'Intersindacale medica, veterinaria e sanitaria osservano con forte preoccupazione importanti lacune organizzative che investono il sistema sanitario regionale che poggia la sua capacità di tenuta sui professionisti impegnati in prima linea a cui non possono essere negate le tutele minime di sicurezza.
Oggi è necessario abbandonare qualsiasi scelta amministrativa che possa essere assunta secondo logiche di burocrazia e di risparmio piuttosto che sulla base di una efficace strategia volta al contenimento dell'epidemia in atto.
Come ha chiarito, in termini di inoppugnabile ragionamento scientifico, anche il Prof. Romagnani, considerato l'elevata percentuale di asintomatici e tenuto conto che i rischi di maggiore diffusione si verificano in ambito ospedaliero dove i mancati o non tempestivi controlli sul personale, l'assenza di politiche legate ad una turnazione dei riposi volta a garantire una riserva di personale preservata, le indicazioni a non eseguire il tampone ai pazienti che si ricoverano per altre patologie, rischia di creare le condizioni di un default del sistema ospedaliero e una diffusione difficilmente controllabile del virus.
Si chiede:
Che ogni ospedale si faccia carico di eseguire i tamponi ai proprio dipendenti anche se sviluppano sintomi a domicilio istituendo un percorso dedicato con chiare e univoche istruzioni (comprensive di numeri di riferimento dedicati) come da loro compito (Dlgs 81/2008).
Che a tutti i pazienti per cui si renda necessario un ricovero venga eseguito un tampone nasofaringeo per la ricerca del COVID 19 con successiva monitorizzazione clinica e di laboratorio. Fino a risposta negativa, dovranno essere gestiti come sospetti attraverso l'assegnazione di camere di degenza singole con previsione di adeguata protezione per il personale di assistenza.
INTERSINDACALE MEDICA, VETERINARIA E SANITARIA DELLA TOSCANA
Che vengano messi in atto tutti gli sforzi possibili per l'acquisto e la distribuzione di Dispositivi di protezione di documentata efficacia in modo da garantire la salute della popolazione più sensibile: quella sanitaria. Che venga garantita ad ogni operatore la necessaria protezione che preveda, laddove la distanza operativa non possa essere superiore al metro (visita clinica, diagnostica ecografica) la dotazione di mascherine con visiera, guanti e camici impermeabili per turno.
Che vengano poste in atto politiche volte ad individuare una riserva di professionisti salvaguardati mettendo a riposo per gruppi a rotazione quelli delle specialistiche non di prima linea che possono costituire un ricambio strategico in caso di diffusione del virus negli ospedali. Che tali professionisti siano riconosciuti di fatto in servizio a disposizione delle Aziende. Il lavoro agile per la parte amministrativa è un elemento utile, la gestione oculata della risorsa sanitaria è indispensabile.
Che la Regione Toscana, che opera sul fronte dei risarcimenti per errore medico in modalità di autoassicurazione, si assuma in pieno la responsabilità di assegnare a servizi specialistici non di competenza professionisti di altre branche professionali. Appare chiaro che per tali professionisti la Regione dovrà specificare, negli eventuali ordini di servizio che si rendessero necessari, l'esplicita rinuncia alla rivalsa in caso di eventi giudicati colposi nell'esercizio di prestazioni emergenziali non attinenti alla propria disciplina.
Stiamo tutti facendo il nostro dovere e pronti a fare di più ma avere spalle coperte è il minimo che si debba garantire.

Firenze, 16 marzo 2020
I SEGRETARI REGIONALI DELL'INTERSINDACALE MEDICA VETERNIARIA E SANITARIA DELLA REGIONE TOSCANA

giovedì 12 marzo 2020

COMUNICATO STAMPA CIMO-FESMED SCRIVE AL PRESIDENTE CONTE:


DATE AI MEDICI SEGNALI CONCRETI DI RICONOSCENZA CON PROTEZIONI ADEGUATE E APPROVAZIONE NORMA ANTIAGGRESSIONI

Roma, 12 marzo 2020 - La Federazione dei medici CIMO-FESMED ha inviato oggi una lettera al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte chiedendo per i medici e il personale sanitario di farsi promotore e garante di almeno due segnali concreti a tutela dei medici e del personale sanitario: la rapida e uniforme dotazione di protezioni adeguate e complete per il personale e lo sblocco della norma "antiaggressioni", ancora ferma in uno dei due rami del Parlamento.
Di seguito il testo della lettera, inviata per conoscenza anche al Presidente della Camera Roberto Fico, al Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, al Ministro della Salute Roberto Speranza e al nuovo Commissario delegato per l'emergenza sanitaria Domenico Arcuri.
Signor Presidente del Consiglio,
nell'emergenza che il Paese intero sta affrontando, medici e personale sanitario degli ospedali sono indicati come eroi e il rapporto nei loro confronti è diffusamente improntato ad un rinnovato rispetto. Vorremmo che a questo atteggiamento corrispondesse un concreto impegno politico e civile che desse finalmente massima priorità alla loro protezione, fisica e professionale, in quanto da essa deriva direttamente la protezione dei cittadini e della salute pubblica. Se questa attenzione al personale sanitario è davvero autentica, come ci auguriamo, vorremmo che Governo e Parlamento dessero almeno due chiari segnali di attenzione alla tutela dell'integrità fisica di questi indispensabili professionisti: garantire dotazioni di protezione adeguate e in quantità sufficiente a tutti i medici e i sanitari; e dare il via libera urgente al provvedimento contro le aggressioni al personale sanitario, da tempo in attesa di approvazione. Come organizzazione sindacale, insieme ad altri evitiamo con responsabilità di aggravare questo tempo di emergenza ed evitiamo di sollevare eccessive critiche su alcune mancanze che riscontriamo nella gestione quotidiana dell'emergenza sanitaria. Ma a fronte del rischio elevato che il personale del SSN affronta oggi nell'esercizio delle sue mansioni ordinarie e straordinarie, queste due azioni politiche sarebbero un chiaro segnale di vicinanza e riconoscenza, ancor prima che un dovere. Certi della Vostra sensibilità a queste richieste improntate al buon senso e agli elementari diritti di chi sta lavorando in modo straordinario per la salute di tutti noi, porgiamo i nostri saluti.

Guido QUICI Presidente Cimo-Fesmed

giovedì 5 marzo 2020

La guerra al Coronavirus la facciamo senza armi?

  

 
In Italia, in piena emergenza coronavirus abbiamo finito le maschere FPP2 e FFP3 e allora sai che facciamo? Introduciamo per decreto (legge 2 marzo 2020 n 9 art 34 comma 2 e 3), l'utilizzo delle maschere chirurgiche "quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari…" anche prive del marchio CE previa valutazione da parte dell'Istituto Superiore di Sanità".
 
Del resto ce lo dice l'OMS nelle recenti indicazioni per un uso razionale dei DPI. Sono disponibili in lingua inglese e già tradotte in italiano da alcune direzioni aziendali degli ospedali maggiormente coinvolti nell'emergenza attuale, affrontata dal nostro paese ed in prima linea da tutto il personale, sanitario e non.
 
Colpisce, nel leggere la tabella, che il personale addetto alle pulizie della stanza ove alloggia il paziente affetto da COVID-19, abbia bisogno degli stessi DPI, ci pare ovvio, ma necessario sottolineare, che le possibilità e modalità di contatto con il pz sono nettamente diverse da quelle del personale che assiste quello stesso malato, anzi, per il personale sanitario, non è fatto cenno alla necessità di indossare scarpe chiuse da lavoro!

 
Nella stessa tabella l'uso della maschera facciale filtrante FFP3 o FFP2 è riservato alle procedure che generano aerosol effettuate sui pazienti COVID-19 positivi.
 
Quali sono queste procedure? Chi deve saperlo? Chi deve dirlo? Chi deve indossare le mascherine chirurgiche e chi le FFP3 o FFP2 tra il personale sanitario che assiste il malato?
 
Su queste domande, in queste ore, si sta giocando la sicurezza e la tenuta di un sistema, quello della salute, già al collasso prima dell'emergenza COVID-19.
 
Infatti un eventuale contagio del personale medico e non medico, potrebbe farci perdere quella forza lavoro che fino ad oggi ha tenuto in piedi il SSN, decimato negli organici e nei posti letto da almeno 10 anni di tagli lineari, come ampiamente denunciato da CIMO a tutti i livelli aziendale, regionale e nazionale
 
Sappiamo già come andrà a finire, prima che le direzioni aziendali rispondano alle nostre domande. I medici e il personale sanitario tutto, per il loro spirito di sacrificio e fedeli al loro codice etico, nonché per stato di necessità, saranno costretti a mettere a repentaglio la loro incolumità, in questo delicato momento che il nostro paese sta attraversando.
 
Ma questa volta non è solo la nostra incolumità a rischio. È a rischio l'incolumità generale perché un medico o un operatore sanitario non medico, contagiato dal SARS-COV 2, ancora prima di saperlo, potrebbe aver infettato altro personale sanitario e altri pazienti, ricoverati in ospedale per motivi diversi dalla COVID-19.
 
L'emergenza coronavirus non è ancora pienamente arrivata nella nostra regione e nei nostri ospedali, ma abbiamo raccolto in questi giorni tante testimonianze di colleghi dagli ospedali del nord. Che in assenza del criterio epidemiologico previsto dalla circolare ministeriale del 27 gennaio per poter fare il tampone per SARS COV 2, hanno continuato a visitare i tanti pazienti con patologia respiratoria in fase di accertamento eziologico, indossando la sola mascherina chirurgica… e sappiamo tutti come è andata a finire…Codogno, Cremona, Crema, Treviso…solo per citarne alcuni.
 
È dal 31 gennaio che lo stato italiano ha proclamato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale e ci si accorge solo ora che le FFP2 e le FFP3 scarseggiano? Quale era la dotazione delle stesse in ogni azienda/ASL del territorio italiano, prima dell'emergenza coronavirus, dal momento che servono per limitare la diffusione di infezioni nosocomiali a trasmissione aerea e droplets???  E quante ne sono state ordinate dal 31 gennaio ad oggi, per farsi trovare pronti a limitare la diffusione del "nuovo virus" proprio tra gli operatori sanitari e dentro le mura dei nostri ospedali?
 
Sarebbe auspicabile che tutto il personale sanitario che sta prestando o presterà le proprie cure ad un paziente sintomatico per COVID 19 lo possa fare dopo aver messo in atto tutte le misure di profilassi previste per controllare e limitare la trasmissione di patogeni dentro l'ospedale: per via aerea, droplets e contatto diretto e indiretto, come raccomandato da OMS, EDCD, CDC e dallo stesso Ministero della Salute, prima che emergesse un "nuovo virus" di cui ancora non conosciamo esattamente tutto:

– calzari lunghi fino al ginocchio;
– guanti in nitrile;
– sovracamice monouso in TNT impermeabile con polsini stretti o tuta 3° Cat. Tipo 3 o 4;
– FFP2 o FFP3 a seconda delle diverse attività cliniche compiute sul malato;
– occhiali a tenuta;
– visiera con calotta;
– copricapo.
 
In una situazione come quella che si sta delineando sarebbe auspicabile avere una precauzione in più e un rischio in meno, non il contrario.
 
Il vero problema infatti è che noi medici temiamo che il peggio debba ancora arrivare e abbiamo piena consapevolezza che sarà messa a dura prova la tenuta del sistema. Ma siamo pronti, come sempre, in silenzio e a testa bassa perché prima di tutto vieni il bene comune. E il diritto alla Salute.
 
Visto che la politica ha deliberato con decreto che possiamo andare in guerra senza armi, sarebbe bello avere i politici al nostro fianco. Quando visitiamo, facciamo esami diagnostici, intubiamo, ventiliamo manualmente, rianimiamo, pazienti affetti da COVID 19 con la sola mascherina chirurgica anziché con le FFP2 e le FFP3 e gli altri DPI.
 
Dott. Marco Coccetta
Segretario Regionale CIMO Umbria
 
Dott.ssa Cristina Cenci
Vice Segretario Regionale CIMO Umbria

04 marzo 2020
 

martedì 3 marzo 2020

Coronavirus. Cimo-Fesmed: “Troppe criticità nel Ssn, cogliere occasione per ‘rifondarlo’”

E' quanto emerge da una indagine-flash realizzata dal sindacato negli ospedali italiani, che ha chiesto ai medici di tutte le branche specialistiche quale fosse la loro percezione rispetto ad alcuni strumenti di prevenzione che le aziende devono mettere a disposizione a tutela della propria sicurezza nel proprio luogo di lavoro.


"Insufficientemente informati e con inadeguati dispositivi di protezione personale: è questa l'impietosa fotografia di come il medico ospedaliero percepisce la situazione determinatasi con l'emergenza del Coronavirus". E' quanto emerge da una indagine-flash realizzata da CIMO-FESMED negli ospedali italiani, chiedendo ai medici di tutte le branche specialistiche quale fosse la loro percezione rispetto ad alcuni strumenti di prevenzione che le aziende devono mettere a disposizione a tutela della propria sicurezza nel proprio luogo di lavoro.
 
"La percezione – si legge in una nota - del singolo medico rappresenta un essenziale elemento di valutazione perché evidenzia le difficoltà che i medici incontrano nelle strutture trovandosi in "prima linea" senza armi ma solo con le proprie competenze professionali".
 
L'indagine ha coinvolto 450 medici che operano nelle strutture sanitarie italiane, ha interessato specialisti di tutte le branche mediche, chirurgiche e direzionali e, in alcuni casi, più medici della medesima struttura proprio per capire la percezione vista dal singolo operatore rispetto al proprio contesto lavorativo.
 
Il primo quesito riguardava la dotazione dei dispositivi di protezione individuale: ebbene solo il 27,6% ha risposto che la propria struttura sanitaria ne ha a sufficienza, mentre il 20,1% ritiene che gli stessi DPI siano in dotazione solo presso i reparti a rischio. Rispetto alla implementazione di percorsi interni specifici, seconda domanda, ben il 56% dei medici ha risposto in modo negativo, o ha affermato di non esserne a conoscenza (il 30,5%). Analogo discorso, terzo interrogativo posto ai medici ospedalieri, riguarda l'esistenza di aree di isolamento per potenziali pazienti affetti da COVID-19: il 56,2% degli intervistati ha risposto di no (27,1%) o di non esserne a conoscenza (29,1%).
 
Sulla implementazione di specifiche misure organizzative nel Pronto Soccorso, quarta domanda, solo il 44% ha risposto in modo positivo. Infine, alla domanda sul livello di informazione esistente all'interno della struttura ospedaliera, emerge, in modo chiaro, che solo il 17,8% ha fatto formazione e ha avuto informazione, che nel 15,1% dei casi sono stati coinvolti solo i responsabili di struttura e che nel 48,3% degli intervistati ha evidenziato l'assenza di iniziative aziendali.
 
"Il test, che non pretendeva di avere una valenza statistica – ha commentato Guido Quici, presidente di CIMO-FESMED (aderente a CIDA) ma si prefiggeva di 'fotografare' come la situazione riguardante il COVID-19 fosse percepita dal personale medico. E le risposte fornite dimostrano, al netto dell'indiscutibile impegno e dei risultati di medici e sanitari sul campo, che la sanità italiana non può andare avanti in queste condizioni, che l'autonomia differenziata, di fatto già in atto, non è in grado di fronteggiare possibili emergenze sanitarie; che la stessa crea insicurezza tra gli operatori sanitari e disparità di accesso alle cure. È questa l'ultima occasione per rivedere seriamente il nostro servizio sanitario nazionale nell'ottica dell'accessibilità, uniformità e sicurezza delle cure", ha concluso Quici.

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