giovedì 14 maggio 2020

Accordo per il Piano di rientro attività ambulatoriale

 
La fase 2 di ripresa delle attività cliniche ambulatoriali prevede uno sforzo eccezionale da parte delle
aziende e dei professionisti per recuperare il ritardo accumulato durante la fase 1. Fattore necessario è
quello della piena motivazione da parte delle Direzioni Aziendali e, condizione indispensabile, dei
professionisti chiamati a mettere in campo un ulteriore, straordinario sforzo.

Ricognizione attività
Dalla ricognizione effettuata sui flussi di prenotazione ed erogazione risulta la seguente situazione
90mila prime visite prenotate e non erogate, di cui
· 76mila prime visite in regime istituzionale (pari al 85%)
· 14mila in ALPI (pari al 15%)
Inoltre risultano presenti nelle agende annuali a scorrimento giornaliero, e non erogate 146mila viste di
controllo.
La richiesta di nuove visite nel periodo Covid è stata pari a 1.000 prime visite al giorno
Nei primi 11 giorni di maggio la prescrizione media giornaliera per prime visite è stata pari a 2300, quindi si
stima un incremento complessivo fino al 30 maggio di 69mila prime visite in regime istituzionale
Pertanto i volumi complessivi da smaltire relativamente alle prime visite , fino a fine maggio, sono pari a
145mila; considerato che i tempi di attesa a 15/30 gg per tutte le prime visite (almeno per quelle a
monitoraggio) corrispondono a circa 50 mila prestazioni , risulta che il carico da smaltire in questo periodo
è pari a 95mila prestazioni

Capacità produttiva
Prima dell'era Covid la capacità produttiva del sistema regionale per le prime visite era di circa 6200 visite al
giorno, prevedendo in funzione delle mutate condizioni di erogabilità legate al distanziamento,
sanificazione locali etc, si stima una capacità produttiva giornaliera del 60%, cioè 3700 visite al giorno

Previsione tempi di rientro
Nell'ipotesi, verosimile, che nei prossimi 20 gg il tasso prescrittivo della domanda rimanga costante a 2300
al giorno, i giorni lavorativi necessari per smaltire il bisogno complessivo di prestazioni risulta pari a 25gg.

Pianificazione dell'attività aziendali
Ogni Azienda deve provvedere a ripulire, insieme ai direttori di struttura, le liste di prenotazione
contattando tutti gli utenti per i quali risulta una prestazione prenotata su agende di attività di marzo e
aprile, al fine di verificare se la stessa è da riprogrammare o se già erogata
Si da mandato ad ogni singola azienda di pianificare l'offerta di prestazioni nella misura almeno del 60% di
quella storicamente assicurata, e di realizzarla attraverso l'integrazione tra attività orario istituzionale e
orario in produttività aggiuntiva necessario per soddisfare tale capacità produttiva
Visite di controllo e follow-up
E' di fondamentale importanza aggredire le liste di prenotazione nelle agende annuali a scorrimento
giornaliero, non erogate nel periodo covid nel più breve tempo possibile in quanto non più procrastinabili.;
tenendo conto anche che a queste si sommano quelle già prenotate per i prossimi mesi.
Si da mandato alle aziende di programmare un piano di riassorbimento di queste visite (pari a 146mila +
quelle già in lista per il mese di maggio) sempre con l'integrazione tra attività istituzionale ed attività
aggiuntiva, nonché sfruttando al massimo le potenzialità offerte in questo settore dalla televisita.
Le prestazioni di televisita sono supportate da programmi che rispettano le norme europee in tema di
privacy e sono già disponibili ed operative, normate da delibera regionale 464 del 6 aprile.

Libera professione
Per garantire il diritto acquisito dei pazienti già prenotati in ALPI (come ricordato circa 14mila), si propone
la stessa modalità di smaltimento già definite per l'attività istituzionale sia clinica che di diagnostica per
immagini, cioè richiamo dei pazienti in lista al fine di ripulire le liste di attesa e riprogrammare l'attività al
fine di riassorbire dette prestazioni
Secondo questa ipotesi i giorni lavorativi necessari per smaltire le prestazioni prenotate in ALPI e sospese
in periodo Covid risulta pari a 21-28 gg a decorrere dal 18 maggio 2020, tempo utile anche per lo
smaltimento delle attività istituzionali. Quindi, se l'obiettivo del piano è rispettato, dal 15 di Giugno la libera
professione è riattivata
Le parti concordano comunque di valutare congiuntamente, anche con ogni singola azienda, l'andamento
del riassorbimento delle attività, sia istituzionali che in libera professione, dopo 14 giorni, per assicurare il
piano di rientro a 21-28 giorni
In caso contrario le parti si ritrovano, congiuntamente con ogni singola azienda, a livello di Area Vasta, per
individuare le soluzioni per il superamento delle criticità che ne hanno limitato il raggiungimento fatto salvo
quanto previsto dalle normative nazionale vigente in termini di libera professione intramoenia e tempi di
attesa.
Data la straordinarietà dello sforzo richiesto, in questa fase, limitata nel tempo, le prestazioni effettuate in
aggiuntiva saranno considerate come acquistate dall'azienda ad una tariffa di 90 euro ora.
Le aziende potranno contrattare con le equipe anche l'acquisto di orario di guardia notturna e festiva da
retribuire a 60 euro/ora, tale orario dovrà essere utilizzato per la creazione di slot aggiuntivi di attività
ambulatoriale istituzionale. Tali turni potranno essere effettuati anche dai medici con rapporto di lavoro
non esclusivo prevedendo una retribuzione del lavoro straordinario elevato a 60 euro/ora
Le aziende si impegnano a mettere a disposizione tutti gli operatori di supporto cup/libera professione
necessari per l'operazione di ripulitura delle liste pregresse e ricollocazione degli appuntamenti.
Nell'ambito del presente accordo si definisce anche che l'indennità prevista dal decreto del 6396 del 4
Maggio 2020, verrà interamente erogata nel mese di giugno insieme al saldo dell'1%.

venerdì 8 maggio 2020

COMUNICATO STAMPA CIMO-FESMED CONTRO IL GOVERNATORE ROSSI, REVOCHI SUBITO LA DELIBERA CHE “PUNISCE” l’IMPEGNO DEI MEDICI NEGANDO IL DIRITTO ALLA LIBERA PROFESSIONE

  

Roma, 8 maggio 2020 - 

"Presidente Rossi basta con la demagogia. Chiediamo l'immediata revoca della Delibera 49 del 3 Maggio 2020. 

La Libera Professione è un diritto e negare i più elementari diritti contrattuali per perseguire una propria ideologia fatta solo di demagogia serve solo a rimarcare una gestione della sanità monocratica che, per l'ennesima volta, dimostra avversione alla professione medica". La Federazione dei medici CIMO-FESMED invia questo esplicito messaggio al Presidente della Regione Toscana che, per recuperare le prestazioni che sono state sospese in questi tre mesi per l'emergenza da coronavirus, con l'ordinanza 49 del 3 maggio individua la soluzione di una ripresa delle attività obbligando l'impegno dei medici su dodici ore ed oltre di tutti i giorni della settimana. 

Come e con quali risorse? Con i progressivi tagli agli organici alle strutture sanitarie non eravamo in grado di sostenere nemmeno le prestazioni ordinarie? E' oggettivamente impossibile recuperare, con le stesse risorse, mesi di interventi e prestazioni diagnostiche e ambulatoriali non eseguite.

E se anche si vogliono ambulatori e sale operatorie attive 12 o 16 ore – si chiede il Presidente della Federazione Guido Quici - il Governatore Rossi ha fatto una stima del reale fabbisogno di personale medico e sanitario da dedicare a tutte le attività istituzionali, ai nuovi percorsi Covid, ed al recupero delle prestazioni sanitarie non rese in questi mesi? Lo vuole fare con le stesse risorse di personale? NO GRAZIE.

Se proprio quei medici che i cittadini e i media hanno giudicato "eroi" durante tutta l'emergenza Covid e che non si sono mai tirati indietro esponendosi a rischi che vanno oltre il contagio, continuano ad essere invece considerati dalle Istituzioni come "manovali" della sanità, a basso costo e senza tutele, è davvero ora di dire BASTA.

Se, come ringraziamento, ora si dispone il blocco dell'attività libero professionale intramoenia dei medici, impedendo ai cittadini ogni alternativa di cura, non si può accettare. Ancora di meno se si cerca di far intendere ai cittadini che se non sarà possibile recuperare gli arretrati dei tempi di attesa, sarà stata colpa dei medici che non hanno voluto rinunciare alla libera professione.

Perché il Presidente Rossi non vuole che, ad una progressiva riapertura delle attività non Covid, corrisponda un'analoga progressiva apertura dell'attività libero-professionale?

La Federazione CIMO-FESMED non può ammetterlo ed intende chiedere con forza il ritiro della Delibera n. 49 del 3.5.20, riservandosi ogni ulteriore azione risarcitoria.

 

martedì 5 maggio 2020

Intersindacale medica e veterinaria: “Schiaffo di Rossi ai medici in intramoenia: non potranno ricevere i loro pazienti”

  

Parte la fase 2 negli ospedali. Si riaprono gli ambulatori istituzionali, ma un'Ordinanza del Governatore impedisce di fatto ai cittadini di scegliere un professionista di riferimento. Continua invece l'attività libero professionale dei medici in extramoenia, di quelli convenzionati e di coloro che lavorano nelle cliniche private convenzionate. I sindacati minacciano la mobilitazione generale

05 MAG 2020 -

"Continua l'attività libero professionale dei medici dipendenti extramoenia, di quelli convenzionati e di coloro che lavorano nelle cliniche private convenzionate con il sistema sanitario pubblico. Solo i medici che hanno scelto il rapporto esclusivo con il sistema pubblico non potranno ricevere i loro pazienti, basti pensare alle centinaia di donne in gravidanza a cui viene negato il diritto di essere curate da un professionista di fiducia".

  L'Intersindacale medica e veterinaria della Toscana alza le barricate. In un comunicato congiunto, Anaao Assomed, Cimo, Aaroi Emac, Fassid, Fesmed, Cgil Fp Medici, Cisl Medici, Fvm, Anpo Ascoti Fials, Uil Fpl Medici, puntano il dito verso un'Ordinanza del presidente Enrico Rossi che di fatto li sfavorisce impedendo di esercitare attività in intramoenia. E se non si farà marcia indietro minacciano di aprire una mobilitazione generale che vede come primo atto l'invio di una diffida ai vertici regionali e delle aziende sanitarie

"Oggi il Presidente della Toscana ci chiede turni di apertura dei sevizi ambulatoriali per 12 ore al giorno dal lunedì al sabato (e siamo pronti a fare anche di più!) – scrivono in una nota – e ci ripaga con un'ordinanza con cui compie uno scivolone di pregiudizio ideologico che oscura il rapporto di reciprocità con i dottori che lavorano nei suoi ospedali, dottori che hanno contribuito in modo determinante a rendere la sanità toscana una delle migliori d'Italia pur essendo i peggio pagati in Italia. Medici che, rinchiusi da mesi in ospedale hanno affrontato compatti l'emergenza Covid troppo spesso con protezioni insufficienti armati solo della loro etica professionale.

  La libera professione dei medici a rapporto esclusivo non ha e non può avere relazione con i tempi di attesa perché questi dipendono dal gap di risorse che mancano all'appello di un sistema che, negli ultimi dieci anni, ha subito tagli di ogni genere mentre i bisogni e le tecnologie aumentano ogni giorno.
Certo, la normativa emergenziale può prevedere che si possa, in casi eccezionali, chiudere temporaneamente anche l'intramoenia in specifiche strutture, ma chiuderla a priori, in tutta la Toscana, prima ancora di ripartire con le attività assistenziali non solo è illegittimo ma inaccettabile sotto tutti i punti di vista.

  L'Intersindacale Medica, Veterinaria e Sanitaria della Toscana, se il punto non verrà chiarito, se la politica regionale che ha responsabilità di governo non riuscirà a gestire questa situazione, aprirà una mobilitazione generale del sistema che come primo atto prevede una diffida che sarà recapitata ai vertici regionali e delle aziende sanitarie. Ma non basta, molti professionisti, delusi da come vengono trattati, meditano di passare all'extramoenia, ambito che ad oggi non sembra soggetto a iniziative estemporanee legate all'umore del politico di turno, che non prevede prelievi da parte dell'azienda che possono raggiungere anche il 50% dei ricavi, che garantisce piena libertà nell'esercizio della professione e elimina i vincoli di fedeltà ad un sistema pubblico che, purtroppo – concludono – in questa fase storica, sembra stare a cuore solo ai professionisti che turno dopo turno garantiscono la salute di tutti".

 

 

giovedì 30 aprile 2020

COVID-19/FASE 2: CIMO-FESMED AL GOVERNO, RIFORMARE LA SANITA’ PARTENDO DAI SUOI PROFESSIONISTI I MEDICI DIPENDENTI DEL SSN FUORI DALLA FUNZIONE PUBBLICA


Roma, 28 aprile 2020 – Una vera riforma e non una semplice manutenzione del SSN, che ricomprenda le modalità di finanziamento, la revisione dell'autonomia differenziata, della governance delle strutture sanitarie e della rappresentanza e rappresentatività dell'area sanità. Sono questi gli obiettivi della proposta che la Federazione dei medici CIMO-FESMED rilancia oggi al Governo e a tutto il mondo sindacale e professionale della sanità.

"L'attuale stress test che la sanità italiana sta subendo", commenta il Presidente della Federazione Guido Quici, "ha rilanciato il ruolo centrale dei professionisti della salute che, in questi giorni, hanno giocato un ruolo fondamentale nella gestione della pandemia. Medici, infermieri e tecnici non si sono mai tirati indietro, hanno versato un pesante tributo con gli oltre 15.000 contagi e 150 medici deceduti, hanno consentito al sistema di resistere e di reagire, oltre a dimostrare un forte senso etico con gli 8.000 medici che si sono offerti, in modo del tutto volontariato, per aiutare chi era in grande difficoltà".

"Soprattutto – continua Quici – i professionisti della salute non possono continuare a rimanere ostaggio di precipitose iniziative regionali che non hanno una visione d'insieme del nostro servizio sanitario nazionale come nel caso della recente risoluzione del Consiglio Regionale della Lombardia, che vorrebbe vedere i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta rientrare nella dipendenza pubblica".

 

Al contrario, CIMO-FESMED rilancia la propria proposta di far uscire i medici dipendenti dalla Funzione Pubblica, e di discutere i contratti di lavoro della dipendenza e della medicina convenzionata direttamente con il Ministero della Salute e le Regioni. Questo permetterebbe il superamento di quei "silos" in cui è organizzata la sanità italiana e la gestione adeguata dei suoi fondamentali attori. Tale nuova governance manterrebbe contratti paralleli, quello pubblico e quello convenzionato, valorizzando alcuni aspetti normativi comuni che eliminerebbero le barriere organizzative che oggi ostacolano il raccordo tra ospedale e territorio.

La gestione dell'emergenza Covid-19 ha dimostrato che la sanità è assicurata dai sui professionisti ed i processi organizzativi possono realizzarsi solo se tali professionisti dialogano sulla stessa "piattaforma". Fino a quando i medici dipendenti, che sono già inquadrati nei ruoli regionali, continuano ad operare secondo regole contrattuali della Pubblica Amministrazione che sono in palese discordanza con la specificità del proprio ruolo, certamente "non burocratico", continueranno ad esistere quei silos e quelle problematiche.

 

"Abbiamo avuto bisogno di questa drammatica pandemia per riportare alla luce i veri punti di forza e debolezza del sistema salute in Italia, e probabilmente qualcuno si è finalmente reso conto che medici e infermieri fanno continuamente fronte a situazioni non standardizzabili, spesso in condizioni di emergenza e urgenza, con carichi di lavoro inimmaginabili, in un contesto dove la burocrazia amministrativa poco si addice al loro tipo di lavoro. Ci auguriamo che questa volta il Governo ascolti i professionisti del sistema sanitario, riconoscendone il fondamentale ruolo sociale", conclude Quici.

 

Nel richiedere un cambio di passo, CIMO-FESMED si augura che anche altre organizzazioni sindacali e le Federazioni spingano in questa direzione con l'obiettivo di avviare un confronto sulla professione, sull'organizzazione e sulla governance delle strutture sanitarie.


CS CIMO-FESMED 28_04_2020

martedì 7 aprile 2020

COVID 19, CIMO-FESMED: NO A COLPI DI SPUGNA SULLE FALLE ORGANIZZATIVE NELLA SICUREZZA DI MEDICI E SANITARI INGIUSTIFICABILI LE PROPOSTE DI MORATORIA SULLE RESPONSABILITA’ DELLE FILIERE GESTIONALI DELLA SANITA’ IN TEMA DI MISURE DI SICUREZZA ANTI CONTAGIO

 

 

 

Roma, 7 aprile 2020 – Diversi emendamenti al cosiddetto Cura Italia, da domani in Senato, e una proposta avanzata dal Presidente di Federsanità, che richiede una sanatoria sulle responsabilità delle filiere gestionali della sanità in tema di misure di sicurezza, sono iniziative ingiustificabili, incostituzionali e danneggiano i diritti sia dei pazienti che degli operatori sanitari. Sono proposte che per CIMO-FESMED costituiscono un colpo di spugna sulle responsabilità di coloro che avrebbero dovuto garantire adeguate protezioni di sicurezza contro il Covid-19 proprio a quei medici e sanitari che stanno pagando il prezzo più alto dell'emergenza.

 

"Comprendiamo – commenta il Presidente CIMO-FESMED Guido Quici – che, dal punto di vista di chi è deputato alla gestione delle aziende sanitarie ed ospedaliere nell'emergenza Covid 19, vi possa essere il tentativo di occultare eventuali comportamenti non idonei a garantire la sicurezza delle cure e degli stessi operatori sanitari, ma forse ancora sfugge che costoro rischiano direttamente le loro vite nell'essere mandati in prima linea senza i necessari strumenti di protezione. Probabilmente – continua Quici – molti politici e la stessa Federsanità non sono a conoscenza di quanto davvero stia succedendo nelle strutture sanitarie ed ospedaliere in Italia, dove i medici sono minacciati dalle direzioni, verbalmente o con atti scritti, se denunciano eventuali inadempienze amministrative; dove specialisti di branche non attinenti alle cure per pazienti Covid-19 sono improvvisamente trasferiti in altri reparti e chiaramente esposti – loro sì più di altri – a rischio professionale e assicurativo; dove a qualche medico è stato inizialmente impedito l'utilizzo di mascherine per non "spaventare" i pazienti".

 

Come sindacato, abbiamo sufficiente materiale per dimostrare i mancati controlli sulla conformità dei dispositivi di protezione distribuiti ai medici ed infermieri che ogni azienda ha ricevuto, o bastano alcuni atti deliberativi che attestano i ritardi nell'approvvigionamento dei DPI, come è palese osservare, in tantissime strutture ospedaliere, la mancanza di iniziative tese a garantire la sicurezza di chi è in prima linea.

 

Oggi CIMO-FESMED non vuole parlare né di disapplicazione dei contratti di lavoro, né dei provvedimenti disciplinari che crescono in modo esponenziale nelle aziende, né di nomine o incarichi da riconoscere; oggi parliamo di decine di medici ed infermieri morti e di decine di migliaia di infettati per aver affrontato il rischio pur di curare il prossimo. E di chi non ha fatto il massimo per proteggerli.
 
Il tempo dei colpi di spugna è finito e i medici e gli infermieri deceduti non meritano questo.


CS CIMO-FESMED 07_04_2020